Iscriviti alla nostra newsletter:

Valuta : €

Iscriviti alla nostra newsletter

E-mail obbligatoria

Prima di continuare devi accettare le condizioni di privacy

Piacentino Gianni

Piacentino Gianni

Nasce a Torino nel 1945.Cercare di spiegare come mai Gianni Piacentino abbia oggi un lavoro così stringente e 'contemporaneo' da far apparire i poveristi, dei nonni che disciplinano il traffico all'uscita delle scuole, vuol dire guardare da vicino un tipo d'arte che non ha mai guardato a quello che succedeva attorno e si è sempre espressa come ricerca di semplicità e perfezione. Nato artisticamente nella Torino degli anni sessanta, capitale mondiale di talenti e di linguaggi innovativi, Gianni Piacentino ha trovato subito la sua strada esponendo a ventuno anni con Sperone nel 1966....

Nasce a Torino nel 1945.Cercare di spiegare come mai Gianni Piacentino abbia oggi un lavoro così stringente e 'contemporaneo' da far apparire i poveristi, dei nonni che disciplinano il traffico all'uscita delle scuole, vuol dire guardare da vicino un tipo d'arte che non ha mai guardato a quello che succedeva attorno e si è sempre espressa come ricerca di semplicità e perfezione. Nato artisticamente nella Torino degli anni sessanta, capitale mondiale di talenti e di linguaggi innovativi, Gianni Piacentino ha trovato subito la sua strada esponendo a ventuno anni con Sperone nel 1966. Semplicità, tecnologia, perfezione della fattura, concetti forse difficili da esaurirsi in breve, ma che hanno in sé un principio anticorrosivo (non a caso) che è legato alla forma, e a quel versante aristocraticamente chiuso che è pari a quella tensione verso il perfetto. Bellezza ed eternità formano un matrimonio inscindibile a cui il tempo conferisce valore.Piacentino, di là dalla sua magnifica biografia motoristica che continua tuttora, è un artista che non appare mai datato o databile, riconoscibile senza essere ripetitivo. Anche quello i lavori degli esordi non hanno tracce d'anzianità, nel tempo l'artista ha saputo concentrare l'energia per progressivi aggiustamenti, potremmo dire, miglioramenti. Le differenze infatti prodotte da quasi quarant'anni a questa parte sono sotto la superficie, nei materiali che sono stati perfezionati, in alcune scelte sempre più condizionate dall'esperienza e dalla positività. Vi è un'idea di perfettibilità insita nella sua poetica, che lo spinge a non dare mai un risultato acquisito. Diciamo, in altri termini, che Piacentino non si accontenta di quanto ha ottenuto, ma va a cercare il limite, sempre un po' più in là.Ma le differenze tecniche sono dettagli che non collidono con la visione, sono piuttosto dati strutturali e avvalorano la progressività della sua arte e della sperimentazione. La sua ricerca in fondo parte proprio dal mondo dei motori, dalla sua passione per le moto e le corse, e si evolve in modo parallelo, ma sempre determinante, verso la ricerca di una sintesi di perfezione tra l'apparenza e la simbolicità.Le sue forme provengono dal mondo delle strutture minimali, ma fin dall'origine non s'inscrivono in alcuna possibilità di relazione con la Minimal, in quanto sono distanti da ogni concetto di naturalità, di serialità, di scomponibilità. Un suo palo rosa appoggiato su di una base di plexi, non è un inno alla primarietà, ma è la presenza contemporanea di tecnica e di perfezione. Le vernici da lui studiate, in sintonia o, in alcuni casi, in anticipo con quelle industriali, sono straordinarie non solo come esiti tecnici, ma per il gusto del tratto distintivo essenziale a creare uno scarto, un differenziale. Un'opera di Piacentino o è perfetta o non è. I suoi lavori non sono restaurabili. Si devono rifare quasi completamente. In altri termini quello che lui riesce a realizzare non è solo una sintesi tra manualità e industria, ma soprattutto ha il valore del prototipo. E che cos'è un prototipo? Bene, è esattamente un modello per la possibile replica altri membri della stessa famiglia. Un prototipo è l'idea che diventa forma, che si sostanzia in qualcosa che ammette delle copie. Il modello però resta tale.Allora si comprende come ci troviamo in un territorio in cui il valore oggettuale è forte, ma privato di funzionalità e dotato di unicità, si situa in un iperuranio artistico che ha ben pochi precedenti (forse non ne ha del tutto). Ed è anche il prodotto di un'arte in cui tutto va controllato, che non punta solo sulla forza e sulla convinzione dell'impatto visivo, ma conquista un'attenzione mentale che è piacere verso la perfezione, verso qualcosa che non è più migliorabile e che bisogna accettare per quello che è.Si può dire che il controllo è tutto: è come quando si guida una moto da velocità. La mano destra ha la possibilità di accelerare e di frenare, nel perfetto dosaggio di uno e l'altro si stabilisce la differenza tra chi vince e chi no. La questione dell'arte di Gianni Piacentino sta proprio in questa sua maniera di cercare la bellezza. Maniera solitaria ma dentro il tempo che gli appartiene. E da questo punto di vista i veicoli sono anche i più spettacolari e attesi. Meno certamente la sua pittura (sempre tersa come un progetto da ingegnere) ma che trova un perfetto matrimonio nelle piastre di acciaio lucidato, nel rapporto con i materiali più tecnologici che indubbiamente sono il portato generale del lavoro. Però attenzione. Si tratta di una tecnologia che cerca sempre il matrimonio non con il prodotto industriale, ma con l'idea, la perfezione asciutta e definitiva di un'idea che si fa apparenza e quindi forma.Non esiste in Piacentino nemmeno uno sconsiderato amore per il futuro in quanto sinonimo di progresso. Non vi sono innamoramenti per ciò che terribilmente di moda e che prefigura degli scenari di una supertecnologia che tutto assolve e giustifica. Per lui tutto ha inizio e fine dalla forma e dal colore che vi è associato. Non vi sono generosità digitali, ma tutto è riconducibile sempre e soltanto all'uomo che fa e che sa. Ed è stata questa la sua forza perché non ha mai cercato di essere attuale, di cavalcare l'immaginario sociologico. Spesso i suoi spunti creativi sono presi dalle carrozzerie delle auto degli anni quaranta o dalla grafica decò. I suoi logo non cercano il tempo, le sue 'macchine' non vanno da nessuna parte, hanno un fondamento nell'esistere per essere ammirate.In quest'inattualità Piacentino pone la sua resistenza al tempo. Dai combine paintings alle barre, ai tubolari ai veicoli spogliati di ogni referenzialità meccanica, il suo tributo all'arte contemporanea è in eludibile. Non si tratta di una metafora, magari utopica, della meccanica, è piuttosto una 'meccanica celeste' (magari un celeste Alfa Romeo da competizione) che non vuole paradossalmente evocare nessuna velocità, nessuno sbuffo di fumo o rumore di miscela tonante. Tutto è calma e voluttà, invece, perché nel regno delle forme la realtà resta distante: esiste, ma sta da un'altra parte.L'arte assiomatica di Piacentino ha la bellezza e la crudezza di un teorema, si autogiustifica come una verità evidente che non necessità di dimostrazione, non ha bisogno della storia dell'arte per trovare una ragione ed esistere, figuriamoci della critica. Per questo si sospendono le parole e facciamo silenzio

Espandi
© 2024. Vecchiato Arte Srl Powered by Cippest